La spiritualità e la celebrazione della “Liturgia delle ore” #17

Il concetto di ritualità richiama a quello di solennità.

Dunque quando è che una celebrazione è solenne?  È Come renderla solenne una celebrazione?

           In passato, calcolava la solennità in rapporto al numero di lampade accese, al numero di fiori sull’altare.  Questo metro di misura è molto corto. La vera solennità non è data tanto dagli elementi esterni, ma quanto piuttosto dal grado di partecipazione attiva-piena-consapevole  di coloro che prendono parte alla celebrazione.

      Un secondo criterio è questo: la solennità è data dalla completa utilizzazione di tutti gli elementi celebrativi. In una parola: tutto il rito, tutta la persona, valorizzati in pienezza, danno il vero concetto di solennità.

   Le luci ed i fiori da soli, sarebbero solo coreografia per gli occhi. Acquistano un senso solo se ad essi si uniscono persone che autenticamente pregano con tutte le possibilità messe a disposizione dai testi e dal rito.

    Una liturgia cantata, sarà più solenne di una recitata. Il rispetto degli spazi di silenzio, la presidenza di un ministro, sono un evidente elemento di solennità che nasce dalla verità del rito e non da una semplice aggiunta di elementi esteriori.

Alcuni rischi da evitare.

    Lo zelo per la casa del Signore non deve avere limiti. Può accadere, però, che col pretesto dello zelo si annidino possibili rischi, come:

– rubricismo: è il rischio che corrono coloro che ricercano la lettera senza prima essersi impadroniti dello spirito. Le rubriche sono un aiuto, non il fine della preghiera. Le rubriche devono aiutare le persone non soffocarle.

 estetismo: è la ricerca esasperata della novità, dell’originalità; Così facendo, molti fedeli sono esclusi dalla partecipazione perché fanno appena in tempo ad imparare un canto che subito viene cambiato;

   Il bello deve essere anche utile. Dal lato opposto va pure evitata la sciatteria, la mancanza di entusiasmo, la svogliatezza, il meccanismo dei gesti e delle parole, la fissità delle abitudini… La liturgia deve essere sempre giovane, sempre aperta a tutto quanto può favorire l’autentica partecipazione alla preghiera;

 l’attivismo: è l’eccessiva preoccupazione per ciò che si deve fare e finisce per distrarre da ciò che si deve dire. E’ la confusione tra animazione dell’assemblea, e la teatralità di  celebrazioni svuotate del loro carattere mistico, contemplativo. Se la celebrazione è ben preparata in anticipo, non ci sarà bisogno di tanta gente che si dimena con gesti inutili e goffi per guidare l’assemblea o interviene continuamente con parole dell’uomo che finiscono per indebolire la unicità e preminenza della Parola di Dio.

Cosa si dice di san Francesco.

    Di san Francesco è stato scritto che: Più che recitare preghiere, lui stesso, con tutta la sua vita era diventato preghiera. Sia, questo, un augurio anche per tutti noi. Può esserci di aiuto questo bel testo di Eusebio di Cesarea (265-339):

«Gli Ebrei eseguivano inni con l’accompagnamento di strumenti musicali quali i salteri e le cetre. Noi cristiani invece eseguiamo il nostro inno con un salterio vivo e una cetra animata. Infatti il canto corale del popolo di Cristo ha il potere di divenire più gradito a Dio di qualsiasi strumento musicale. Con la salmodia in tutta la Chiesa di Dio noi eseguiamo un canto fuso nell’unità della mente, del cuore, della fede, della pietà, dei sentimenti e della voce. (Eusebio, Esposit. in ps. 91).

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Pubblicato da vitaconsacratafrancescan

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