Come si faceva a pregare senza libri
Nessuno dei partecipanti alla preghiera delle Ore aveva dunque un proprio libro; né era possibile recitare le Ore fuori della comunità, Esisteva quindi un’unica liturgia chiamata «comunitaria» ed «oraria» .
Se torniamo indietro nel tempo cioè al tempo di s. Benedetto (480-547) notiamo che tutta la vita monastica era considerata un «opus Dei», cioè un’opera divina. Il Santo fondatore del monachesimo, volle trasferire questo titolo alla preghiera delle Ore per sottolineare che questa preghiera ha un duplice significato:
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1° Un opera di Dio
è un’opera: cioè un avvenimento, un qualcosa che si fa, è che si porta a compimento. Un prolungamento dell’«opera» creatrice e redentrice di Dio nella Pasqua di morte e risurrezione di nostro Signore. Come Dio continuamente è all’opera per noi uomini e per la nostra salvezza, Quando recitiamo la preghiera delle Ore ciascuno dovrebbe dire: con questa preghiera attuo l’opera pasquale di Cristo in me e nella Chiesa. Proprio per questo s. Benedetto voleva che «nulla fosse anteposto a quest’opera divina» cioè alla preghiera delle Ore.
di Dio: prima ancora di essere umana, questa preghiera è «divina», è di Dio. Ce lo ricorda il ritornello dell’Invitatorio all’inizio di ogni giornata: «Signore, apri le mie labbra: e la mia bocca proclami la tua lode». Quasi a dire: se non sei Tu a donarmi il Santo Spirito della preghiera (cf Rm 8, 26), se non sei Tu a mettere sulle mie labbra le Tue stesse Parole.
Cosa dicono i padri della chiesa
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