Pregare con le parole di san Francesco 10

La santa povertà confonde la cupidigia……,

La santa umiltà confonde la superbia…

Cappella Scrovegni affresci dei vizi e delle virtù

“Poveri” e “povertà” sono le parole del nostro linguaggio attuale.

       Queste soprattutto nella tradizione cristiana ma è  necessario operare un discernimento, ed cogliere le diverse forme di povertà nelle quali ci imbattiamo o quando giungiamo a considerare noi stessi dei poveri.

      La povertà più evidente come sappiamo è quella della precarietà, quella fragilità che ha l’apice nella mortalità alla condizione umana. Come sappiamo nasciamo nella nudità, viviamo nella precarietà, moriamo nella solitudine, questa è veramente la nostra realtà. Sappiamo tutti e ne siamo consapevoli che la morte, ci incute paura, e in questa fragilità soffriamo una mancanza. L’uomo è radicalmente povero, sempre bisognoso innanzitutto dell’altro, degli altri, dell’Altro, costantemente tentato di fuggire questa povertà, di non vederla, di non accettarla.

Quali domande ci possiamo fare sulla povertà?

      La domanda che spesso ci dovremmo fare è perché accumuliamo ricchezza? Forse perché siamo preda della frenesia del consumo, perché siamo tentati dalla vertigine del piacere, perché cerchiamo il potere e il successo? Perché la nostra povertà radicale ci fa soffrire, perché la prospettiva della morte ci pare ingiusta e noi cerchiamo di combatterla, di renderla inefficace.  Ma c’è anche un’altra povertà,  quella povertà interiorizzata, spirituale, che si nutre di un distacco dai beni, dalle ricchezze, dal potere, dal successo.

Cosa ne pensa la Bibba?

       Nell’Antico Testamento è testimoniata questa coerenza spirituale che giunge alle soglie del Nuovo Testamento e che è vissuta dagli ‘anawim: sono credenti che vivono una condizione precaria, insoddisfatta, senza terra, senza patria, senza tempio, senza culto. Ma ecco la loro confessione: “Siamo diventati i più piccoli, siamo umiliati, non abbiamo né re né capi … abbiamo solo un cuore contrito e umiliato … ti seguiamo con tutto il cuore, cerchiamo, o Dio , il tuo volto” (cf. Dn 3,37-41).
La loro povertà diventa fiducia illimitata e umile, attesa del Signore e speranza solo in lui (cf. Sal 131).

Come la viveva san Francesco?

         Francesco d’Assisi, più di ogni altro, l’ha praticata fino al punto di chiamarla sua sposa, sorella. (cfr. Tommaso da Celano, Vita Seconda, cap. XXV, n. 55 – cfr. Fonti Francescane, Sez. Il, n. 641, p. 599).
Per povertà evangelica non si deve intendere solo la scarsità di beni naturali ma, e soprattutto, il distacco da essi, le cose materiali non devono essere mie, ma solo uno strumento per servirsene. Si possiede veramente la povertà evangelica quando si considerano i beni di questo mondo «un nulla, una spazzatura», come dice S. Paolo, oppure si valutano solo in quanto possono diventare strumenti utili per conseguire i beni celesti. L’attaccamento ci rende freddi, arroganti, e non traspare la luce che abbiamo in noi.

Cosa abbiamo bisogno?

           Il nostro mondo, le nostre abitudini, il nostro fare, ha nostalgia ma anche il bisogno del fascino della santità di Francesco, uomo della povertà, della semplicità, della trasparenza. Sì, la nostra società  ha bisogno di questo santo, del Santo di Assisi e del carisma francescano. Il mondo desidera uomini e donne che percorrano la strada della “Signora Santa Povertà, la santa umiltà” (Salvir 2). Non possiamo rimanere solo dei “sapienti e dotti” che si accontentano di imparare belle storie e di raccontarle, con fascino e attrazione. Noi francescani  siamo stati sedotti da Dio e siamo stati chiamati ad accogliere e a testimoniare quando bene ci possa essere, a custodire l’ annunzio del Vangelo che proclama: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli” (Mt 5,3).  

“La povertà è una disgrazia, non un merito” .

“Non basta essere poveri per essere giusti.

da una citazione di Don Cammillo

COSA CI ALLONTANA?

      L’“avarizia” ci porta ad agitarci tanto negli affari temporali, a vivere in modo confuso, ad attaccarci alle ansie, a non avere quel sorriso che ci dona la vita, nonostante ci possano essere le tribolazioni.
      L’avarizia “confonde” la povertà è abile in questo, come possiamo vedere anche dalla preghiera di S. Francesco “Saluto alle virtù”, che stiamo descrivendo, significa attaccamento al possesso delle ricchezze terrestri, dimenticando che: “Avere ed amare le ricchezze è sterilità; amarle e non averle è pericolo; averle e non amarle è difficile. 
  Troviamo Cristo che capovolge la mentalità del voler possedere i beni terrestri e al tentatore che nel deserto gli dice: “Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai” (Mt 4,9), egli risponde: “Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto” (Mt 4,10).

La santa umiltà confonde la superbia e tutti gli esseri umani di questo mondo e tutte le cose di questo mondo.

San Francesco di Assisi

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Virtù così usate nelle parole ma poco negli atti, cosa sappiamo dell’umiltà?

      E’ umiltà nelle parole, nelle frasi, nei discorsi. E’ umiltà negli atteggiamenti, nelle espressioni, nei pensieri, nei gesti, nelle azioni.

E cosa vuol dire essere umili?

     Significa non pensare di avere già la risposta pronta a questa domanda. Questo è il primo atto di umiltà.. Umiltà è un atto di riconoscimento: saper riconoscere i propri errori, i propri sbagli, i propri limiti, chiedere scusa, riparare un danno, dare la precedenza, chiedere consiglio, chiedere aiuto, Umiltà è servire con gioia e senza remore, senza esitazioni, sempre. Non è vittimismo né sottomissione, né umiliazione, ma apertura alla carità che edifica e santifica.

      Perché esistono i lavori umili? Cos’hanno di speciale?

   C’è umiltà in chi sostiene sempre di avere ragione, di sapere o di conoscere tutto? C’è umiltà in chi vuole vincere o prevalere? Se non c’è umiltà non c’è amore.

      Nelle situazioni più difficili e delicate che abbiamo la possibilità di alimentare le trasformazioni, a diminuire le divisioni, i muri, le barriere, gli attriti, ogni forma di violenza gli uni con gli altri. E tutto questo nasce da un semplice quanto inizialmente difficile atto di umiltà.

      Nella nostra vita ci sono varie occasioni per poter far questo: ad esempio quando si vorrebbe recuperare un’amicizia o un rapporto deteriorato e trasformatosi in gelido silenzio, rancore od indifferenza. Non spreca energie, non chiede mai nulla, interagisce col mondo per il piacere di farlo, senza mai pensare ad alcun tornaconto. Se c’è rigidità, se ci sono orgoglio e presunzione, se c’è durezza nel cuore ed in tutti i sensi, se c’è resistenza, se c’è superbia Il miglioramento nasce grazie alla nostra flessibilità, adattabilità, ricettività, sensibilità, elasticità, malleabilità, versatilità; in una parola la nostra crescita ed evoluzione è collegata alla nostra umiltà, e nell’umiltà siamo nell’amore.

     Quando c’è umiltà testimoniamo continuamente il nostro meraviglioso aspetto di noi stessi travolti dalla luce, mentre nella rigidità e nella superbia tendiamo al ciclo limite e al punto fisso.

L’umiltà è quel segno di forza che ci permette di danzare nel mondo senza mai competere con nessuno, e per mezzo del quale diventiamo noi stessi altamente riconosciuti. Nell’umiltà c’è la predisposizione ad imparare sempre, nella scuola della vita, anche se avessimo cent’anni o un bagaglio enorme di esperienza alle spalle.

       Nell’umiltà quindi non c’è l’esercizio di alcun potere, non c’è abuso o atto di superiorità: ma solo per  spirito di servizio ed amore, con un senso di gratitudine immenso, di felicità, di servizio, di serenità, silenzioso, per tutto ciò che ci circonda.

      L’umiltà non può nascere che dal cuore, perché frate Francesco dice che la semplicità e l’umiltà confondono?

       Confondono tutte le nostre false certezze, tutte le presunte verità acquisite, confonde tutta la sapienza dell’uomo, che non è per nulla sapienza divina, è ben lontana dall’esserlo. La teoria del caos è intrisa di umiltà, perché giunge in punta di piedi a darci qualche frammento di verità.

La sapienza dell’umile, Non è sua, non se ne appropria.

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Pubblicato da vitaconsacratafrancescan

Simpatico, amante della gioia, innamorato dei santi, disponibile e accogliente